Le Cinque Lettere alla città

Elaborate dai ragazzi e dalle ragazze partecipanti al progetto Politico Poetico

presentate il 17 maggio 2021 nell’evento “Il Parlamento incontra la città”
di fronte ad una platea di istituzioni, policy maker, cittadini e cittadine

Politico Poetico è un progetto di teatro e cittadinanza attiva nato nel 2019, articolato in due azioni: Il Parlamento e Il
Labirinto
. La prima ha coinvolto tra il 2020 e il 2021 oltre 500 ragazzi e ragazze dai 14 ai 19 anni di 17 Istituiti
Secondari di Secondo grado di Bologna e Città metropolitana con laboratori ed eventi sui temi dell’Agenda 2030 per
lo sviluppo sostenibile. Di seguito il risultato finale del percorso Il. La seconda azione, Il Labirinto, è uno spettacolo in
realtà virtuale
, innovativo nel linguaggio, fruibile attraverso l’utilizzo di un visore. Al centro 14 storie di adolescenza
dimenticata
nate da decine di interviste svolte con associazioni del territorio che si occupano di giovani in stato di
disagio o pericolo. Il Parlamento e Il Labirinto sono due facce della stessa medaglia, il tentativo di raccontare tanto
l’energia, la visione, il potenziale, quanto le difficoltà, le lotte e i disagi dell’adolescenza.

 

TAVOLO AMBIENTE

Cara città,

e cari e care voi, che la vivete in quanto cittadini e cittadine, cari voi che la conducete in quanto
amministratori e amministratrici, cari voi che ne curate le ferite, che ne abbellite le strade, che ne gestite le
scuole, le aziende, l’università, i servizi, cari voi che ci lavorate, ci studiate, ci insegnate, la sognate.
Parliamo con voi, sì con tutti e tutte voi, perché voi siete la nostra città, e voi siete quelli che la
cambieranno. Insieme a noi.
Qualcuno diceva: “Il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa. Il secondo momento
migliore è adesso”.
Per molti e molte di noi, il momento migliore per dire quanto teniamo all’ambiente è stato un paio di
anni fa, quando, per molti mesi, abbiamo riempito le piazze di tutto il mondo per dire che non abbiamo
né un piano né un pianeta B. Per chiedere ascolto su temi ed emergenze sui quali da molti anni scienziati,
attivisti e persino qualche politico si sgolavano, ma restavano inascoltati.

Allora non potevamo certo immaginare tutto quello che è venuto dopo: la pandemia, le tante persone
ammalate, i tanti lutti, l’enorme crisi sociale ed economica nella quale siamo piombati e nella quale tuttora
siamo.
Non potevamo immaginare che, oltre a questo, anche i nostri movimenti avrebbero subito una battuta
d’arresto, come tutte le altre cose: fine delle manifestazioni, fine degli scioperi per il clima, fine di tutto.
Lentamente, per un po’ di tempo, la grande onda della pandemia ha offuscato tutto il resto.
Questo però non poteva durare per sempre, prima di tutto perché le onde delle emergenze sono grandi e
premono. E poi perché, insomma, ci sono tanti modi per impegnarsi, se uno vuole.
Per esempio, quelle che voi ora state ascoltando, non sono solo le mie parole, io sono solo quello che le
pronuncia, ma chi state ascoltando sono Gabriele, Manal, Sabrina, Maodo, Giacomo, Almeida, Bianca e
centinaia di altri ragazzi e ragazze della mia età, che per mesi si sono impegnati a ragionare, fare ricerche,
discutere, individuare criticità, pensare soluzioni. Perché dal momento che quelle onde non si fermano, non
possiamo fermarci neanche noi.
Eccovi dunque qui riassunte una parte delle conclusioni a cui siamo giunti: dentro ci sono grandi temi e
visioni accanto a proposte super concrete, sogni patafisici e progetti d’innovazione. Per la città, ma non
solo. Pronti al lungo elenco? Via!
Intanto, quello che è balzato agli occhi dalle decine e decine di proposte arrivate su questo tema è la
grande voglia di collaborare in progetti di attivazione dal basso: e quindi, per fare un primo esempio,
migliorare la pulizia delle strade, dei parchi, dei corsi d’acqua della nostra città vuole dire certamente
chiedere a chi dovere che i servizi esistenti vengano migliorati, ma vuol dire al contempo proporsi di
organizzare giornate dedicate nelle quali realizzare pic nic ecologici con raccolta dei rifiuti, o giochi di
ruolo collettivi, come quello proposto da Paolo per insegnare a tutti la raccolta differenziata. Insomma
momenti di socialità che diventano anche un modo per contribuire al bene comune
.
Allo stesso modo, aumentare il numero di alberi sul territorio vuole dire certamente chiedere ai vari
Comuni che provvedano con iniziative in tal senso
, ma al contempo Gian Mickael propone di piantare un
albero per ogni goal della squadra di quartiere in un torneo appositamente ideato
; Giacomo propone
l’installazione Affittansi alberi, per promuovere la cura del verde appendendo a ogni albero un cartello
che lo descrive, come fosse una casa da abitare
; Sofia poi sta lavorando alla manifestazione Quel giorno in
cui io e i nonni piantammo un albero
, per conciliare il piano della Regione per incrementare la superficie
boschiva e le aree verdi con una giornata dove far ritrovare tra loro nonni e nipoti separati dalla
pandemia
.
Della serie, abbiamo molto da chiedervi, ma siamo disposti anche a dare molto.
Con lo stesso spirito, noi ragazzi e ragazze di Politico Poetico domandiamo più attenzione per la raccolta e
il trattamento dei rifiuti
: chiediamo con Anna che venga aumentato il numero di cestini per la raccolta
differenziata
, così da incentivarla anche per strada e non solo dentro casa, anche per i turisti che
torneranno a passeggiare sotto i portici e non solo per noi cittadini. Per trattare la città come la nostra casa,
tanto per citare il progetto di Martina. Chiediamo di migliorare la situazione di alcune isole ecologiche e di
molti cassonetti, sempre particolarmente pieni in certe zone
. Allo stesso tempo, abbiamo raccolto e reso
disponibili per voi mille consigli per un consumo consapevole, perché è importante raccogliere e pulire
come si deve, ma è altrettanto importante non eccedere nei consumi, non sprecare, sapere come
smaltire
.
Tra i mille consigli arrivati su questo, c’è quello di fare la spesa in maniera più equa e sostenibile, cosa che
fa bene all’ambiente ma anche ai diritti di chi ha meno o lavora venendo sfruttato: e allora ci sono lunghi
elenchi di consigli su cosa e quanto comprare; poi c’è la mappa di Tullia che segnala quei supermercati e
negozi virtuosi che si sono affiliati a progetti antispreco, e che rivendono a prezzo minore le merci che
stanno per andare in scadenza, oppure che sono convenzionati con mense popolari per chi non ha di che
mangiare
; oppure ancora blog o guide che segnalano negozi che vendono tessuti e abiti prodotti con
materiali ecocompatibili e senza sfruttare i lavoratori e le lavoratrici
.
E qua è chiarissimo che la chiave non la possiede solo chi produce, ma anche chi consuma, che, se
correttamente informato, può fare scelte più etiche.
Insomma, è emerso il diffusissimo mantra delle 4 R: Riduci Ricicla Riusa Ripeti. E qua la fantasia la fa da
padrona!
La plastica dovrà sparire, e questo emerge chiaro e forte, ma fino a quel momento, va usata e riusata, sia
nel suo uso originario (tipo, riempio più volte la bottiglia con la buonissima acqua del sindaco, che nella
nostra città si può bere serenamente) e poi la utilizzo per raccogliere cose e infine la riciclo.
Ma le invenzioni dei nostri compagni e compagne si moltiplicano.
Lorenzo: punti di raccolta e scambio di oggetti e abiti usati nell’atrio della scuola;
Lucia: bidoncini per il sughero (materiale meraviglioso con il quale si può fare praticamente tutto);
Francesca: tutorial per creare oggetti con materiali di recupero.
Poi Alice spiega come ottenere oli essenziali dagli scarti del cibo e Giorgia addirittura ci propone un menù
completo, dall’antipasto al dolce, realizzato con ciò che di solito viene buttato
.
Infine, visto che tutto è collegato, ci sono tante proposte che troverete anche dopo nel tavolo Città e
Comunità: se meno plastica=più fontanelle e più borracce, allora meno auto=più bici e più ciclabili e meno
benzina=più elettrico (ma anche più idrogeno, come sentirete poi). E a proposito dell’elettrico e
dell’impegno, Sara propone una colletta per comprare i pannelli solari alla propria scuola, molti sperano
in maggiori incentivi per l’acquisto di auto elettriche, altri propongono di implementare lo scooter e il car
sharing, ma c’è anche Matteo che dice che l’auto alla fine non serve e che se solo strade e piste ciclabili
fossero di più e più sicure, basta la biga, raga, per andare dovunque.
E dunque alla fine che cosa siamo qua a chiedere? Di darci una mano.
A tappare le falle dell’inquinamento perché Bologna torni ad essere la Rossa e smetta di essere la Grigia,
come l’ha definita Cesare.
A realizzare alcuni dei progetti qui esposti, dai più grandi che hanno a che fare con la raccolta e lo
smaltimento dei rifiuti o con le energie rinnovabili, ai più piccoli, per esempio aumentare il numero di
fontanelle per riempire le nostre borracce in giro per la città e dentro ogni scuola
. Dai più ambiziosi, come
quello di Tommaso di creare un bioavamposto a Bologna, a quelli agricoli di comunità, come quello di
Nicol di dare vita a frutteti di quartiere gestiti dai cittadini.
Poi vi chiediamo di essere innovatori e innovatrici, di guardare alla scienza e alla tecnologia per
implementare anche nella nostra città le straordinarie invenzioni che consentono di ricavare energia dal
riciclo delle arance o dalla fotosintesi clorofilliana, come abbiamo scoperto in questi mesi!

Infine, vi invitiamo a una delle sfide più grandi: aiutateci a fare una ricca e corretta informazione, che
manca, a noi manca tantissimo. Manca ai giovani e manca anche ai meno giovani. Manca un’informazione
che attragga chi è meno interessato, che invogli a interessarsi, a saperne di più e infine anche ad attivarsi.
A noi piacerebbe ad esempio creare una piattaforma web equosolidale che, a partire dai progetti nati
qua, si allarghi e si faccia anche piattaforma di lancio per iniziative e manifestazioni, magari anche con
challenge e competizioni con premio finale, per invogliare i più pigri. Il sito di Politico Poetico intanto è
un primo contenitore che potremmo insieme a voi animare
. I social media poi potrebbero aiutarci in
questo, ma anche dei percorsi scuola lavoro ben strutturati.
Il progetto di Marius, la Challenge Eco30, proponeva qualcosa del genere: una sfida a testa per tutti per
un mese, a partire dalle scuole e con premi finali
.
In questo anche le arti possono aiutarci: Samuele ha realizzato un cortometraggio animato sullo stato dei
fondali marini
, Desirée vorrebbe fare una “Mostra d’arte brutta” sugli autobus, per invitare tutti a
trattarli meglio
, e Sarah ha scritto un rap per dire che “Siamo in emergenza e ho perso la pazienza”
Cari e care voi, cara città, c’è ancora molto da fare a questo mondo, c’è già tanto sul nostro territorio,
guardiamo ancora più avanti e abbiamo vinto.
E poi, a settembre, tutti e tutte sui colli a fare l’itinerario ecologico proposto da Luca.
Grazie.

I ragazzi e le ragazze di Politico Poetico

 

TAVOLO DISUGUAGLIANZE

Cara città,
ascoltami bene, sei bella ma non perfetta.
Cara città, ti scrivo per informarti che ben 126 progetti su 400 hanno a che fare con le disuguaglianze.
Questo vuol dire che tantissimi ragazzi e ragazze che ti abitano soffrono per qualche forma di
discriminazione, di esclusione, di violenza
.
È tutta colpa tua? Certo che no. Però tu sei grande, antica e generosa e sappiamo che ci puoi dare una
mano.
Voglio farti alcune domande: da dove nasce l’odio? E la paura? Da dove nasce la paura?
Sappi che tantissime delle tue ragazze e donne hanno paura: paura a uscire da sole la sera, paura di
venire insultate, aggredite, violentate, uccise
.
Ma hanno paura anche di giorno, sai? Paura di non trovare lavoro, paura di non poter avere una famiglia.
Paura di non poter avere una famiglia se trovano lavoro e di non poter lavorare se avranno famiglia.
Paura di averla, alla fine, una famiglia, ma che non sia il sogno d’amore che immaginavano, bensì una
prigione di violenza e sopraffazione
.
Paura di trovarlo, alla fine, un lavoro, ma che assomigli a un ring sul quale combattere tutti i giorni per
venire riconosciute, trattate e pagate equamente.
Sappi che anche molti altri hanno paura.
Paura dell’odio. Odio per la cosiddetta “diversità”
.
Come se non fossimo tutti diversi da tutti, come se questo fosse fuorilegge. Certo che una legge aiuterebbe,
eh.
Molte persone scambiano la diversità per pericolo, da qui l’odio, oppure la fredda tolleranza.
Che brutta parola “tolleranza”, credo sia odio travestito da buon signore.
Cara città, sappi che quello che ti ho appena scritto riguardo alle tue donne che soffrono, vale anche per
molti e molte altre abitanti.
Soffrono le persone che hanno qualche forma di disabilità e si imbattono ancora in barriere
architettoniche che limitano la loro mobilità e autonomia, e in barriere culturali, che ne mortificano la
crescita e la libertà e li conducono all’esclusione da luoghi, attività e progetti, a scuola e fuori.
Soffrono le persone LGBTI+, sulle quali si riversa un odio antico, una violenza profonda, che è bullismo e
aggressione da parte di chi, da fuori, le attacca, ed è ferita ancora più profonda quando viene dalla
famiglia.
Soffrono le persone che provengono da origini o culture altre, e soffrono anche quelle nate qui nelle tue
terre, ma che hanno qualcosa nel loro aspetto che le fa identificare come straniere
. Anche queste
finiscono per combattere una battaglia quotidiana contro quello che gli altri vedono in loro, e non c’è
parola, non c’è azione, non c’è nemmeno passaporto che le salvi da questo confine incancellabile. E
finiscono per non avere terra in nessun luogo. Per non sentirsi a casa da nessuna parte.
Ma noi sappiamo, cara città, che qui da te c’è casa per tutte e tutti, non è così?
Più o meno. Perché tanti e tante, anche sulle tue strade, non hanno casa ma solo panchine, portici,
pavimenti della stazione. E negli ultimi tempi ancora di più, anche per via di questa pandemia che ha
ulteriormente peggiorato tutte le disuguaglianze che già c’erano.
Infine, ci sono tanti nostri coetanei e coetanee che vivono un disagio profondo e non confessato, che si
chiudono nella loro stanza e non ne escono mai, che si chiudono nel loro mondo di depressione, che si
fanno del male, che hanno dipendenze patologiche, che cadono in voragini di sofferenza, fino ad arrivare
addirittura al suicidio. Il suicidio è la terza più frequente causa di morte tra i giovani di età compresa tra i
15 e i 29 anni in Italia, secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicati a gennaio 2021
.
Cara città, è chiaro che qualcosa ancora qui non va.
E però, non ti rattristare, perché i tuoi ragazzi e ragazze hanno pensato a molte azioni per combattere
l’odio e le disuguaglianze, ma per realizzarle hanno bisogno del tuo aiuto.
Per fortuna, tra le tue mura ci sono già tantissime persone, enti, istituzioni, associazioni, che di tutto
questo si occupano con competenza, passione, testardaggine, amore, quindi siamo certi che tra noi e voi,
qualcosa in più si potrà sicuramente fare
.
Secondo noi, bisogna aumentare i punti di ascolto, non solo nei luoghi deputati, ma anche a scuola e sul
lavoro, sportelli attivi, il più possibile sicuri, dove chiunque possa chiedere aiuto senza paura di essere
scoperto, se non vuole, e con mediatori adeguati: per esempio è difficile rivolgersi a uno sportello
scolastico se il referente è un insegnante che poi in classe ti mette i voti
.
Poi bisogna aumentare l’empatia, e qua la fantasia delle nostre colleghe politiche e poetiche si è davvero
sbizzarrita: Sara vuole fare un’installazione artistica in giro per la città, con una serie di pulsanti rossi e
schermi che ci aggiornano sulle statistiche riguardo le discriminazioni e la violenza di genere
; Elena vuole
realizzare un gioco di società dal titolo “Stare in polleg la sera” per far capire a tutti cosa significa non
sentirsi sicure a camminare per strada da sole di notte
; Sofia vuole organizzare incontri in cui leggere
opere della letteratura antica e moderna che hanno per protagoniste grandi donne
; e infine Antonia ha
scritto un rap sull’amore senza barriere e lo farà presto ascoltare a tutto il mondo.
Ma bisogna anche cambiare il modo in cui veniamo educati ed educate, in famiglia, a scuola e altrove:
tantissimi sono i progetti che propongono incontri con esperti, ma anche cartoni animati e fumetti, pensati
per rassicurare e informare bambini, bambine e adolescenti che stanno scoprendo la propria identità o il
proprio orientamento, e ne sono spaventati o non sanno con chi parlarne. Progetti che mettono al centro
l’importanza di non dividere tutto il mondo dell’infanzia
fin dai primi passi in “giochi da maschio” e “giochi
da femmina”, “sport da maschio” e “sport da femmina”, “colori, abiti, atteggiamenti da maschio e da
femmina”. Educazione all’affettività e alla sessualità, educazione alle differenze di genere: tanti dei
progetti presentati parlano di questo.
E poi bisogna parlarne, senza paura, e incontrare le persone: parlare del disagio e della depressione,
andare a visitare le comunità che ospitano persone tossicodipendenti, fare volontariato nei centri di
accoglienza per persone migranti, o per persone senza fissa dimora
: che poi, le persone, quando le
incontri, ci parli e ci mangi un panino insieme, sono tutte uguali, eh?
A tal proposito, tantissime sono le proposte di aprire centri per fare attività di scambio, dialogo,
apprendimento di lingue, letterature e culture altre… Questi centri servirebbero all’assistenza e al
sostegno di chi ne ha bisogno, integrerebbero l’attività delle scuole e dei centri per l’istruzione, ma
sarebbero anche un’occasione per imparare cose che non si imparano a scuola
.
Ci si potrebbe appoggiare ad alcune delle realtà che già esistono o crearne di nuove, magari pensate e
ideate da giovani per i giovani.
E poi, ci sono poi proposte super toste, ma qui davvero, cara città, abbiamo bisogno di te: qualcuno ha
proposto ad esempio che alcuni degli edifici dismessi che ci sono sul territorio vengano riconvertiti in
luoghi di accoglienza per persone che sono state cacciate dalla propria famiglia, sull’esempio del centro
Refuge Lgbt creato qualche anno fa a Roma. Altri propongono che vengano istituiti i bagni gender fluid
per consentire a chiunque di sentirsi a proprio agio.
Quanto a una migliore inclusione delle persone con disabilità, facilitare l’accesso ai mezzi pubblici sempre
e con maggiore facilità sarebbe un grande progresso; così come avere giochi accessibili a tutti e tutte in
tutti i parchi cittadini. Qualcuno propone poi di creare, nelle scuole e fuori, dei momenti e degli spazi in
cui facilitare il dialogo e lo scambio, l’auto aiuto e la formazione professionale, all’interno di gruppi che
includano persone con e senza disabilità, in attività adatte a stimolare e mettere a valore le capacità di
ciascuno, così da riempire il tempo con azioni vive e importanti, che ci danno la possibilità di imparare,
essere autonomi e dare un contributo
.
Infine, l’ultima battaglia che ti proponiamo di fare insieme, cara città, ha a che fare con i nostri più
profondi convincimenti, che talvolta esplodono nei discorsi d’odio sui social, in TV o nei branchi, ma che
più spesso restano nascosti e inconfessabili, e solo ogni tanto salgono in superficie
, per esempio ogni
volta che diciamo: “Io non sono razzista, ma…” o “Io non sono sessista, ma…”.
Quel “ma” ci dice che spesso tutti i pregiudizi legati al genere, all’etnia, alla classe sociale, alla disabilità,
all’orientamento sessuale, alla religione, all’età, alla nazionalità, sono spesso presenti in noi in maniera non
del tutto consapevole.
E succede che, talvolta, sono proprio le persone alle quali chiediamo aiuto che ci respingono e non ci fanno
sentire protetti e protette. Donne maltrattate, vittime di violenza omofobica, persone che hanno subito
abusi a causa del colore della propria pelle o della propria origine o del fatto di essere tossicodipendenti o
di dormire in strada, non trovano sempre braccia e orecchie aperte all’ascolto e alla comprensione. Nella
famiglia e tra le forze dell’ordine, tra i vicini di casa e nei partiti politici: l’odio si cela ovunque, anche in
ciascuno di noi, è il virus più contagioso e o lo combattiamo dappertutto e tutti insieme oppure l’avrà vinta.
Cara città, sei stata capostipite e iniziatrice di tante battaglie per i diritti e per le persone: continua a farlo, e
ritienici i tuoi alleati e alleate più fidati.
Un’ultima cosa: anche se continua a farmi davvero paura il mondo là fuori, so che ci sarai sempre tu a
tendermi una mano. Grazie.

I ragazzi e le ragazze di Politico Poetico


TAVOLO PACE E GIUSTIZIA

Cara città,

parliamoci chiaro, il nostro tavolo è il più difficile di tutti. E infatti è quello sul quale sono arrivati meno
progetti, ma mica per disinteresse, eh? È che sono questioni davvero complesse da affrontare, queste. Tra
l’altro, ci è più facile parlare di questi temi a livello globale o nazionale, mentre capire come declinarli a
livello locale, e capire quindi che tipo di intervento chiederti, è molto più difficile. Ma ci proveremo.
Cara città, anche io vorrei poter dire che sei perfetta, ma molte sono le cose da aggiustare anche in questo
ambito, che non a caso è strettamente collegato al precedente.
La maggior parte di quello che ti racconterò ha a che fare con il mondo delle disuguaglianze, che i nostri
compagni e compagne hanno già in parte raccontato: ha a che fare con i crimini violenti contro le persone
percepite come diverse, le donne, le persone LGBTI+, le persone povere, fragili, emarginate, i nuovi
cittadini e cittadine
.
Queste persone diventano bersagli perché di fatto non sono considerate persone, ma scarti. E in quanto
scarti, portano addosso uno stigma difficile da rimuovere. Lo stigma, il pregiudizio, fa sì che io non veda più
la persona, ma solo l’etichetta con la quale l’ho catalogata. Non vedo più Adam, ma un “immigrato”, non
vedo più Elisa, ma una “tossica”, non vedo più John, ma un “barbone”. Se poi Adam, Elisa e John hanno
commesso qualche reato, è finita.
A leggere i progetti del nostro tavolo, appaiono molto chiare una ferita e una domanda: la ferita consiste
nel fatto che non sempre il cittadino si sente protetto e tutelato nei suoi diritti fondamentali dallo Stato,
e la domanda è: ma lo Stato è realmente interessato al benessere dei cittadini? Le parole chiave che
ricorrono di più in questi progetti sono: razzismo, violenza, omertà, corruzione, mafia, abuso di potere,
violazione dei diritti umani
.
Tra le ragazze che di questo si sono occupate, c’è chi ha fatto dei campi con Libera e ricorda che le mafie
non sono un fenomeno unicamente del sud del nostro Paese
: inchieste come il Processo Aemilia, ad
esempio, hanno condotto alla condanna di più di cento persone e alla confisca di decine e decine di beni
proprio nella nostra regione e anche nell’area metropolitana di Bologna. E mentre alcuni di questi beni
sono stati poi riassegnati per la realizzazione di importanti progetti sociali, altri sono ancora in attesa di
assegnazione. E questo è proprio un peccato, visti tutti i bisogni e i desideri che anche stasera abbiamo
elencato. Cara città, credi di poterci aiutare in questo?
C’è poi addirittura chi, pensando a Cosa Nostra e a quel mondo sotterraneo criminale e omertoso, ci ha
visto un parallelismo con la Russia di Putin, e in particolare con il trattamento riservato agli oppositori
politici come Aleksey Navalny. Fa paura, no, questo paragone? Ma andiamo avanti.
La maggior parte dei progetti a questo tavolo riguarda la situazione delle carceri, sia in Italia sia sul nostro
territorio. Forse non tutti lo sanno, ma la situazione delle carceri italiane è al limite del rispetto dei diritti,
ragion per cui il nostro Paese è stato spesso condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
. Tra i
problemi principali, il tasso di sovraffollamento è altissimo, gli agenti di polizia penitenziaria non sono
sufficienti, e non lo sono neanche gli educatori, i mediatori e il personale medico, particolarmente in
questo momento
. A rendere più difficile la situazione, il 36,8% delle persone detenute è sottoposto a cura
psichiatrica, il 25% è tossicodipendente. Poi ci sono le madri con bambini
, e su tutto questo, il Covid, che
ha reso le persone recluse ancora più recluse e ancora meno sicure.
Nel 2020 i suicidi sono stati 61 e sono già 7 nel 2021, dati dell’associazione Antigone. Ma tanti suicidi si
registrano anche tra gli agenti di polizia penitenziaria
, lo sapevi?
Prima, parlando di mafia l’abbiamo definita un mondo sotterraneo. Ci ha raccontato un volontario che
lavora alla Dozza che una volta una detenuta ha definito così il carcere: “Voi tutti vivete nel mondo di
sopra, mentre noi viviamo nel mondo di sotto, che si contraddistingue per la puzza di cavoli, l’aroma del
caffè e l’incessante suono della TV accesa 17 ore al giorno”
.
E parlando di “mondo di sotto”, un ultimo tema oscuro e amaro comparso sul nostro tavolo è quello degli
abusi da parte delle forze dell’ordine o di chi detiene il potere: diversi progetti ricordano i casi di George
Floyd e Breonna Taylor, accanto a quelli di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi. C’è chi riporta con
angoscia di aver visto un amico perquisito e poi fermato tra tanti unicamente perché di colore. E questo a
Bologna, eh, non a Minneapolis.
E poi c’è Patrick Zaki, evocato e ricordato in più di un progetto. Anche lui, nostro concittadino.
Ma non vogliamo lasciarti con questa amarezza, vogliamo come sempre portare un contributo propositivo,
perché fino a quando faremo finta che i mondi di sotto non esistano, non potremo risolverne le ingiustizie.
In questo caso, però, oltre ai progetti di noi ragazzi e ragazze, vogliamo riportare anche alcune proposte di
esperti. Per esempio, molti enti e associazioni propongono da anni soluzioni strutturali per rendere le
carceri luoghi più vivibili: tra queste, investire più risorse nelle misure alternative e nella giustizia di
comunità, e implementare tutte le attività che puntano non esclusivamente a punire ma a risocializzare
la persona detenuta. Infatti, le persone che in carcere hanno avuto accesso alla scuola, al lavoro, al
teatro, a progetti educativi e sociali, tornano molto meno a delinquere una volta uscite
.
C’è anche chi ricorda che più del 30% dei detenuti è in carcere per aver violato le leggi sulle droghe, con
reati non violenti e di nessuna pericolosità sociale che però riempiono le aule dei tribunali e contribuiscono
in maniera enorme al sovraffollamento penitenziario. E dunque propone di depenalizzare i reati non
violenti legati alle sostanze e di adottare uno sguardo diverso nei confronti delle sostanze stesse e della
tossicodipendenza. Un approccio nuovo, più “materno” lo si potrebbe definire, che sostituisca alla censura
e allo stigma sociale una relazione aperta alla comprensione e con l’appoggio di una terapia, se necessaria.
Ci rendiamo conto che molte di queste soluzioni non dipendono dalle istituzioni locali, e che la questione,
ancora una volta, è molto complessa, ma non dimentichiamo che le carceri emiliano-romagnole sono tra le
più sovraffollate d’Italia: per esempio, la Casa Circondariale “Rocco D’Amato” di Bologna, nota come la
Dozza, che ha una capienza massima di 500 persone, ne contava a novembre 2020 ben 752. Dunque, come
dice la nostra compagna di progetto Viola, il carcere ci riguarda, riguarda tutti noi, riguarda anche te, cara
città.
Da parte nostra, oltre a progetti d’informazione, di sensibilizzazione e di attivismo, sono arrivate anche
proposte di piccole azioni concrete molto interessanti, tra cui quella di attivare uno scambio di lettere fra
studenti delle superiori e detenuti, per far sentire che almeno una parte del “mondo di sopra” c’è e li
supporta; oppure di seguire qualche lezione scolastica in DAD insieme, quando sarà possibile, e
scambiare qualche parola
.
Quanto al resto, ci sembra che il grande contributo che tutti e tutte noi possiamo dare, sia quello di
parlarne: parlare tra noi, informare chi non sa, organizzare incontri sulle mafie e la legalità a scuola e fuori;
e poi agire per influenzare usando i social in maniera positiva: l’esempio di #blacklivesmatter e di #freepatrickzaki ci porterà bene!
E la nostra nuova parola chiave diventerà: perseveranza. Grazie.

I ragazzi e le ragazze di Politico Poetico


TAVOLO LAVORO ED ECONOMIA

«Il candidato ideale non deve essere troppo vecchio. Dopo i 29 anni sei vecchio.
Il candidato ideale non deve essere “troppo qualificato”, altrimenti dovrà essere pagato di più.
Il candidato ideale non deve avere probabilità di restare incinta. L’utero non vi porterà fortuna in questo
caso.
Il candidato ideale non deve mai chiedere quanto guadagnerà, ammesso e non concesso che guadagnerà
qualcosa, e non deve mai chiedere che tipo di contratto di lavoro verrà stipulato.
La candidata ideale non deve avere relazioni amorose in corso.
Il candidato ideale deve essere in grado di gestire alti livelli di stress e importanti responsabilità, ma non
deve essere troppo determinato (leggi: rompiballe).
Il candidato ideale deve essere diplomato, non anziano ma con esperienza e non deve fare troppe
domande, zitto e lavora stakanovista!
Il candidato ideale non deve avere malattie particolari, non deve avere mai bisogno di effettuare una visita
medica e deve ritenere normale che l’azienda voglia conoscere il suo stato di salute.
Di altezza media per essere nascosto in caso di bisogno, il candidato ideale non deve essere troppo
indipendente.
Ma soprattutto, il candidato ideale non sa ancora se sarà assunto, non ha ancora firmato nessun contratto
ma deve già firmare le dimissioni, in bianco… così, giusto per precauzione.
Tutto chiaro? Bene, buon capestro».

Cara città,

questo colloquio di lavoro è opera del nostro compagno di progetto Jacopo.
È un colloquio immaginario. Ma non troppo. Diciamo “liberamente ispirato alla realtà”.
A giudicare dai progetti arrivati sul tavolo “Lavoro ed Economia”, il modo in cui noi, ragazze e ragazzi,
vediamo il mondo del lavoro ha sempre a che fare con l’assurdo.
Per esempio ci sembrano assurdi i numeri, le percentuali e le statistiche: in primo luogo, quelli relativi
alla disoccupazione pre- e post-Covid, e specialmente la disoccupazione giovanile, che occupa la
stragrande maggioranza dei progetti presentati, che ci preoccupa moltissimo e che ci sembra invece
venire completamente trascurata da chi di dovere
.
In secondo luogo, i numeri relativi al rapporto donne-lavoro: nella lettera del tavolo Disuguaglianze avete
già sentito un accenno alla questione del gender gap, che non ha a che fare soltanto con il divario
salariale, che pure ha raggiunto dimensioni vergognose, ma con l’abisso di richieste, pregiudizi, molestie,
barriere che ancora troppe ragazze e donne si trovano ad affrontare ogni qual volta si approcciano al
mondo del lavoro
. Per non parlare dello smartworking che ha penalizzato soprattutto loro.
In terzo e ultimo luogo, i numeri relativi ai diritti negati, sui campi dove spadroneggiano i caporali e
quindi lavorano gli schiavi, così come sulle biciclette dei riders, le cui lotte hanno cominciato a farsi
sentire sulla stampa
.
Poi, oltre ai numeri, ci sembrano assurde le dinamiche che stanno dietro il rapporto domanda-offerta di
lavoro
: “Se hai tra i sedici e i venticinque anni, molto probabilmente il tuo curriculum alla voce ‘esperienze
fatte’ è ancora bianco. Perciò è difficile che qualcuno ti chiami per lavorare: non hai esperienza, quindi
nessuno ti chiama, ma se nessuno ti chiama, non puoi fare esperienza”. Questo è un brano dal progetto di
un’altra nostra compagna, Emilia.
Quello che sembra trasparire da tutti i progetti indistintamente è la difficoltà che tutti noi abbiamo nel
capire cosa sia questo famigerato “mercato del lavoro”
: e infatti tanti di noi hanno realizzato interviste a
chi di lavoro si occupa, lavoratori, negozianti, sindacalisti e persino un’avvocata giuslavorista, dai quali
hanno raccolto informazioni su che cosa sia un contratto di lavoro, dove si può andare a cercare lavoro, a
chi si può chiedere in caso di necessità.
Informarsi e capire questo mondo nel quale, tra pochi mesi o tra pochi anni, tutti noi approderemo è
fondamentale: gli strumenti e le piattaforme attualmente disponibili non ci sembrano sufficienti né chiari
per chi si affaccia per la prima volta a questo mondo, magari solo per trovare un lavoretto estivo
. Per
questa ragione, alcuni progetti consistono nella creazione di siti in cui raccogliere storie di lavoro e di
disoccupazione, consigli su come scrivere un curriculum o dove trovare proposte, piattaforme per far
incontrare domanda e offerta
.
Oltre alla disoccupazione, ci colpiscono fenomeni come quello, in forte crescita, dei NEET (che sono nostri
coetanei e coetanee che non studiano, né lavorano, né stanno facendo formazione professionale)
 o
quello, che esiste più o meno da sempre, dei cervelli in fuga, di coloro cioè che non vanno all’estero per
scelta bensì per trovare condizioni di vita e di lavoro decenti, che non trovano qui.
Cara città, questo è un tema così complesso che non sappiamo neanche bene cosa chiederti, visto che le
politiche sul lavoro non le decidi tu. Certo, potresti aiutarci rendendo più accessibili e comprensibili le
piattaforme territoriali per l’impiego. E poi potresti aiutarci a cambiare qualcosa nel mondo scuola.
La scuola: qua si apre una parentesi grandissima.
L’obiettivo dell’Agenda 2030 sull’istruzione di qualità è il numero 4, ed era stato accorpato al tavolo
Disuguaglianze.
Tuttavia, tantissimi tra i progetti arrivati chiamano in causa la scuola in rapporto al mondo del lavoro e,
più in generale, in rapporto al mondo reale dopo la scuola, sì insomma la vita quotidiana, con le sue sfide
e le sue opportunità
.
Ecco che tanti e tante propongono per esempio che i Percorsi per le Competenze Trasversali e
l’Orientamento (i PCTO) siano costruiti in modo più condiviso con gli studenti, più personalizzato e meno
generale, e con maggiori legami con i vari settori del mondo lavorativo, specialmente per quanto
riguarda i licei
.
Tanti e tante allargano poi questa richiesta di formazione ad altri ambiti della vita quotidiana, molto
concreti
. Chiedono, ad esempio, che si insegni come si fa un bilancio, come è fatto un contratto di lavoro,
quali sono le tasse dovute, come si apre un conto corrente
: io ad esempio sto realizzando una piattaforma
e una app per dare consigli legali
, mentre un altro nostro compagno, Lorenzo, ha girato praticamente un
tutorial su come tenere il bilancio economico di una famiglia
.
Allargando ancora il discorso, sentiamo il bisogno che a scuola si parli di più di materie che spesso sono
tabù, come la sessualità, le differenze di genere, l’uso di sostanze, i disturbi alimentari
. Per quanto
riguarda in particolare le false credenze che girano su sessualità, riproduzione e malattie sessualmente
trasmissibili, la nostra Angelica ha contribuito aprendo un profilo Instagram dedicato. Ma lo capisci anche
tu, cara città, che lei da sola non basta.
Inoltre vorremmo affrontare di più i temi forti del nostro contemporaneo, come la povertà, l’esclusione
sociale, la fragilità delle persone e delle famiglie. Insomma, spesso il contatto con la vita reale manca, in
molte delle nostre scuole, e ci rende persone peggiori, più egoiste, quando poi usciamo nel mondo
.
Riguardo sempre alla scuola, mentre da una parte si sente il bisogno che sia più legata alla vita e al lavoro,
soprattutto verso la fine del percorso, dall’altra qualcuno sente l’esigenza che gli indirizzi non siano già così
specifici fin dall’inizio, perché quando dalle medie si passa alle superiori, non si è sempre così pronti da
sapere subito che cosa si vorrà fare dopo.
E poi una cosa importantissima: tutti e tutte vorremmo una scuola meno competitiva e più inclusiva, una
scuola dove le valutazioni servano a capire il livello delle conoscenze e delle competenze acquisite, e non
a generare ansia da prestazione; una scuola che favorisca relazioni di fiducia e di collaborazione tra
studenti e studenti e tra studenti e insegnanti, e che venga in aiuto di chi è più in difficoltà
.
A questo proposito, alcuni chiedono a gran voce che l’educazione alle arti, presente nei curricula scolastici
di mezza Europa, venga introdotta in forma completa nelle scuole di ogni ordine e grado anche in Italia,
perché, al di là della bellezza, le arti possono essere anche palestre dove ci si esercita a condividere lo
spazio, a lavorare insieme e all’ascolto delle voci di tutti e tutte
.
Infine, qualcuno chiede che la scuola non sia solo scuola, ma che consenta al suo interno la creazione di
spazi liberi di associazione e mutuo aiuto, che servano per il tempo libero e come spazi sicuri in cui
confrontarsi ed esprimersi
. Spazi che potrebbero anche avere un loro giornale o blog per portare alla luce
le situazioni di disagio e i punti di forza. Anche questo significa garantire pari accesso all’istruzione, e può
servire a prevenire l’abbandono scolastico, i ragazzi e le ragazze che si perdono.
Cara scuola, quante cose che ti chiediamo! Sappi che siamo consapevoli delle mille difficoltà in cui versi,
soprattutto adesso, e sappi inoltre che siamo disponibili a impegnarci insieme a te per fare le battaglie
necessarie a portare a casa questi obiettivi. E speriamo che anche la nostra città voglia aiutarci.
Cara città, vogliamo chiudere questa lettera con qualche nota positiva, che collega tra loro più tavoli
toccando il tema di un’Economia nuova, che renda possibili nuovi lavori: se il mondo avrà un futuro
radioso, questo potrà sorgere grazie all’implementazione delle fonti energetiche rinnovabili e del
digitale, grazie al diffondersi di un’etica della produzione che tutela chi lavora oltre a garantire prodotti
migliori ed ecosostenibili, grazie a un’economia che ricicla, riusa, non spreca e smaltisce correttamente
.
Tra i nostri progetti, vi sono campi come l’idrogeno e la telemedicina, la moda equa e solidale e il riciclo 3.0.
Progetti futuribili, non utopie.
Cara città, facciamo la nostra parte, insieme. Grazie.

I ragazzi e le ragazze di Politico Poetico


TAVOLO CITTÀ E COMUNITÀ

Cara città,
come stai? Sai, ti penso spesso; sei la casa della mia adolescenza, degli anni più belli della mia vita e ogni
tua via, ogni piazza e ogni palazzo mi riporta alla mente il ricordo di un momento, come in una cartolina.
Negli anni ti ho vista cambiare molto, ma tuttavia non è mai mutata l’attenzione che hai nei confronti dei
tuoi cittadini e cittadine. Non sei mai banale né per chi ti abita né per chi ti visita, perché c’è sempre una
mostra da vedere, un’iniziativa alla quale partecipare, un museo da visitare. Anche se ormai sei bella
vecchia, sei sempre giovane e attuale, piena di iniziative e di progetti.
Ti ho vissuta nel 2020, periodo in cui per me sei stata come un partner di una relazione a distanza: ti ho
vista poco, la zona rossa ci ha divise, e lì mi sei mancata molto.
A ripensarci, mi sono mancati anche i 40 minuti di autobus per raggiungere l’Autostazione – più i 10 per
raggiungere Piazza Maggiore, senza contare il traffico – mi sono mancati persino i treni in ritardo e gli
autobus pieni, riesci a crederci? Sei la MIA città, e di te mi mancano anche i difetti, anzi, più che difetti le
definirei mancanze.
Devi ammetterlo, non sei perfetta, ma chi lo è? Sono convinto però che queste mancanze possano essere
colmate, ed è proprio la generazione più giovane che si è impegnata per far sì che ciò possa accadere.
Siamo noi, i tuoi ragazzi e ragazze che ci siamo messi all’opera per capire ciò di cui tu e i tuoi abitanti avete
bisogno, e abbiamo ideato proposte e progetti per renderti più accessibile e inclusiva, che pensiamo ti
faranno piacere. Tanto lo sappiamo che ti piace metterti in gioco sempre!
E dopo questa dichiarazione d’amore, andiamo a cominciare!
Anche nel nostro campo d’indagine e progettazione, come negli altri, spicca l’importanza non tanto e non
solo di “fare le cose”, ma di farle con le persone, non tanto e non solo di “prendersi cura dei luoghi”, ma di
prendersi cura delle persone e di farlo insieme, di ritrovare spazi reali e metaforici di socialità e incontro,
che ci mancano tantissimo.
Per cui vedrai come anche le proposte più concrete di riqualificazione o di mobilità hanno sempre dietro
una motivazione comunitaria, oltre a quella utilitaristica di avere un servizio che funziona meglio
.
Per esempio, cominciamo da una delle note più dolenti emerse in grande numero, così ci togliamo il dente:
inutile negare che quelli fra noi che abitano più lontano soffrano molto per i collegamenti con il centro,
andare a scuola ogni giorno per alcuni di noi comporta davvero un tempo eterno e se poi volessero la sera
fare un giro dentro le mura non potrebbero certo farlo usando i mezzi pubblici. Sappiamo bene tutte le
difficoltà di implementare il servizio, ci siamo anche confrontati su questo con degli esperti, ma il vuoto ci
resta. Sono stati prodotti video davvero simpatici e anche divertenti su come la mancanza di collegamenti
diminuisca le opportunità soprattutto per i giovani, comprometta la vita amorosa, faccia invecchiare
anzitempo!
 Siamo consapevoli della grande difficoltà di chi organizza e amministra, ma non possiamo non
riportarti le tante voci.
Tra l’altro sono le stesse voci che gioiscono per il Biciplan e la Bicipolitana, ovvero per tutti gli
ampliamenti e miglioramenti della rete delle ciclabili, perché più bici e più bus vuol dire anche più
sostenibilità. Le stesse voci chiedono di migliorare anche la sicurezza delle strade, migliorando le
dimensioni delle carreggiate e le condizioni del manto stradale, ma anche lavorando sull’educazione
stradale in modo tale che gli automobilisti non parcheggino in doppia fila sulle ciclabili e che ciclisti e
pedoni possano convivere pacificamente senza che i marciapiedi sembrino zona di guerra.
Parlando di mobilità e sostenibilità
, come già accennato nel tavolo Ambiente, si levano grandi voci a
favore dell’implementazione di fonti energetiche alternative, l’elettrico
, certo, come si diceva a inizio
serata, ma anche una fonte della quale si sa pochissimo, ma che è già realtà in molte città europee e
anche in un paio di città italiane: l’idrogeno.
Veniamo a un altro tema emerso con forza: quello della riqualificazione, potremmo dire, urbana e umana
dei tuoi spazi.
I nostri ragazzi e ragazze sono andate a caccia di edifici dismessi nei quali hanno visto grandi potenzialità
:
l’ex centro commerciale DIMA, le Caserme Mazzoni, l’ex Fabbrica del Ghiaccio in San Vitale, le Scuole
Ferrari e le Scuole Carracci, l’ex bowling di San Giorgio di Piano e altri ancora. C’è anche un ponte
cominciato e mai finito a Calderara. Ora, di alcune di queste costruzioni si conosce già il destino: la
proprietà è per lo più di privati che in certi casi hanno anche già disegnato dei progetti di ristrutturazione,
che ancora non sono stati realizzati
. Le scuole Carracci, per esempio, saranno ristrutturate in quanto tali,
perché ce n’è bisogno. In altri casi, la situazione è più complessa, lo sappiamo.
Sta di fatto però che passare tutti i giorni accanto a questi spazi enormi abbandonati ci fa venire delle gran
idee: Pietro, per esempio, saputo che al piano superiore del DIMA nascerà uno studentato, vorrebbe al
piano di sotto realizzare un grande centro culturale in stile europeo, con sale studio, spazi per fare
convegni, incontri, attività artistiche, concerti, spettacoli, punti d’ascolto e di mutuo aiuto per il quartiere;
Morgana vorrebbe che al posto del vecchio bowling sorgesse un cinema, che a San Giorgio manca;
Riccardo, Giovanni e altri vorrebbero sostituire un po’ di quel cemento con parchi verdi pieni di giochi per
bambini e bambine, e di panchine per rilassarsi e prendere il fresco, magari con un baretto come punto di
ritrovo. E Milena vorrebbe il suo ponte, per arrivare finalmente dall’altra parte del fiume, dove lavora il suo
papà, magari a piedi o in bici.
Tutti e tutte legano le loro visioni non tanto e non solo al fatto di avere delle belle costruzioni laddove
ora c’è abbandono, ma piuttosto al fatto di poter creare dei punti d’incontro, dei luoghi in cui fare picnic
o sport in compagnia
.
E a proposito di sport, proliferano le proposte di riqualificazione di parchi e parchetti, e soprattutto la
sistemazione di campi e di strutture sportive
: sappiate che al prossimo Bilancio Partecipativo potrebbero
arrivare un bel po’ di nuovi progetti su questo! Tra questi, ricordavamo prima anche quelli che vorrebbero
giochi accessibili a tutte e tutti. Lo ripetiamo anche qua.
C’è stato poi chi, per valorizzare le tue bellezze, cara città, propone di realizzare un servizio fotografico e
delle schede che raccontino alcuni dei tuoi luoghi di grande interesse storico, ma che avrebbero bisogno di
più cura, come Villa Ghigi. C’è chi vuole fare lo stesso per valorizzare i canali e i corsi d’acqua. C’è chi vuole
più panchine e cestini in centro, chi il bioavamposto in periferia, e c’è anche chi ritiene di avere già tutto ma
lo vorrebbe più pulito e funzionante, e allora invita te, ma invita anche tutti noi a tenere parchi, autobus,
strade, vicoli, muri, marciapiedi più puliti e meglio manutenuti.
Per questo, sappilo, tantissimi e tantissime si offrono volontari per la ripulitura di parchi, giardini, rive e
specchi d’acqua, allettando chi parteciperà con la promessa di un picnic; altri organizzano tornei per
riprendersi un po’ di voglia di stare insieme grazie allo sport, altri pianificano passeggiate e merende con
i nonni…

E veniamo così di nuovo alla cura della comunità: c’è il progetto di Laura “Aggiungi un pasto a tavola”, per
aprire una colletta alimentare permanente nelle scuole
; c’è Linda che andrà per case di riposo a
raccogliere storie e racconti popolari dai nonni e dalle nonne
; Margherita che vuole sensibilizzare alle
donazioni di sangue
; Tommaso che vuole elaborare una app per difendersi dalle fake news e già vi
abbiamo detto delle altre piattaforme e siti che ci aiuteranno nel mondo del lavoro e dell’economia
.
Oltre a quanto già detto, vogliamo mettere l’accento sulla grande voglia che abbiamo di creare spazi di
aggregazione gestiti dai giovani per i giovani, sotto diverse forme, che includono spazi scolastici, di
quartiere, all’aperto, con bar, biblioteche, sale di incontro, aiuto compiti, auto aiuto, insomma luoghi
dove incontrarsi, stare insieme, attivarsi e raccontare poi il tutto su blog o giornali
.
Chissà se in questo puoi aiutarci, cara città.
Vogliamo concludere con due visioni futuribili e due piccole richieste.
Le due visioni: nella speranza che non si consumi più suolo per costruire, se proprio costruzioni devono
essere, allora magari già in zone edificate e con le caratteristiche dei green building
, come ce li descrive
Elena, come il Bosco Verticale di Milano, per capirci! E poi, l’asilo che ci ha descritto Sara, che oltre ai
servizi che offre una normale scuola dell’infanzia, ha anche uno spazio per l’orto e una piccola fattoria,
per avvicinare i bambini e le bambine fin da piccoli alla natura e sensibilizzarli al tema.
Le due piccole richieste
 invece eccole qua: vogliamo le rastrelliere antifurto, che ci siamo stufati di essere
derubati delle bici. Basta una catena collegata a un’app nel telefono, e il gioco è fatto. E poi fontanelle,
fontanelle ovunque
, fontanelle come se piovesse.
Cara città, questo è il tuo tavolo, ti sei presa tanti complimenti, ora è il momento degli impegni. Come vedi,
tutte le lettere si intrecciano, come i fili di diversi colori che formano la trama di un tessuto. Diceva lo
scrittore e terapeuta americano Irving Yalom: “Si può paragonare la vita a un tessuto ricamato, di cui
ognuno può vedere il lato esterno nella prima metà della sua esistenza, e il rovescio nella seconda:
quest’ultimo non è così bello, ma più istruttivo, poiché lascia riconoscere la connessione dei fili.”
Ecco, cara città, a noi piace guardarti da tutti i lati: grazie per la tua bellezza, grazie per la tua ricchezza di
connessioni e grazie per quello che farai e ci aiuterai a fare.

I ragazzi e le ragazze di Politico Poetico

 

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